Craxi gigante della politica, la sua lezione resta attualissima
Partecipare alle celebrazioni del ventennale della morte di Bettino Craxi, ad Hammamet, è per me un dovere politico e morale per ricordare nel modo più degno uno statista che con tenacia, coraggio e sapiente visione del futuro seppe indicare la rotta a una sinistra piegata dal peso immane dell’eredità comunista.
Per questo ci sarò convintamente, accanto alla figlia Stefania. I suoi meriti storici e politici vanno ben oltre i suoi errori, ed è significativo che oggi molti dei suoi avversari di allora finalmente glieli riconoscano: tutti tranne il Pd.
Craxi lavorò incessantemente, grazie alla sua fortissima leadership, per trasformare un partito subalterno al Pci in una forza moderna, capace di integrarsi pienamente nel gioco democratico e di accettare l’economia di mercato, coniugandola con la giustizia e la solidarietà. Un partito autonomo e autenticamente riformista.
Grazie a lui per la prima volta in Italia nacque una forza socialista laica e pienamente occidentale. Gli eredi del comunismo non gliel’hanno mai perdonato, trincerati dietro il falso muro della loro presunta superiorità morale.
Poiché aveva vinto storicamente, Craxi andava eliminato politicamente. E così, purtroppo, avvenne, sull’onda di un’ubriacatura giustizialista e strabica di cui ancora oggi scontiamo le conseguenze.
Ma sulla necessità inderogabile di riformare le istituzioni, come sull’Europa e sulla politica estera, Craxi aveva visto lontano prima e meglio di tutti.
Per questo la sua resta la lezione attualissima di un gigante della politica, come testimoniano gli scritti raccolti dalla Fondazione.
Scelse di morire in libertà, da esule, e volle una tomba vicino al mare per guardare l’Italia. Esule, non latitante: l’unica latitanza è quella degli eredi del comunismo, perennemente in fuga dalle proprie responsabilità e dai loro irrimediabili errori.