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La commuovente lettera della figlia del carabiniere travolto e ucciso a Terno: «Ora chiedo giustizia»

La commuovente lettera della figlia del carabiniere travolto e ucciso a Terno: «Ora chiedo giustizia»

Sara, di 19 anni, sogna di diventare carabiniere, come il padre, Emanuele Anzini, 41 anni, travolto a un posto di controllo, a Terno d’Isola, la notte tra il 16 e il 17 giugno 2019. Il Corriere della Sera – Cronaca di Bergamo –  questa mattina ha pubblicato la lettera della figlia, in cui parla di tutto l’affetto che aveva per il suo «papi», invoca giustizia a voce alta e una pena esemplare che sia di monito perché altri carabinieri, padri, persone, non perdano la vita nello stesso modo su una strada.

Domani (14 febbraio 2020) è prevista l’udienza preliminare per la morte dell’appuntato scelto.

 

“Ho vissuto 19 anni separata da lui e adesso che avrei potuto viverlo di più non ne avrò la possibilità, tutto questo mi fa male, mi strazia il cuore, l’anima. Mi mancano le sue telefonate che aspetto ancora, ma che non arriveranno mai più.
Le nostre cenette da soli. Mi mancano anche i suoi rimproveri, mi manca la sua voce, le sue risate e il non essere stati di più insieme.
Ma io, anzi noi, avevamo tutto il tempo possibile davanti, tutta una vita finalmente insieme.
Non avrei mai pensato che a 18 anni il mio giovane papi di soli 42 anni se ne sarebbe andato via per sempre da me.
Per colpa di chi non ha avuto rispetto di sé stesso, per colpa di quel piede troppo premuto sull’acceleratore, per colpa di quel troppo alcool nel sangue, per colpa del suo «Non mi sono accorto di niente», la mia vita da quel giorno è diventata niente.
Continuo ad immaginare i due fari della macchina che gli vanno incontro e i suoi bellissimi occhi che guardano per l’ultimo istante questa vita, che in una frazione di secondo si è trasformata in morte.

Lui era lì a fare il suo lavoro, il suo dovere, per proteggere noi da tutto questo.
Ma quella maledetta sera non è riuscito a proteggere sé stesso e la sua esperienza non è servita a salvarlo contro chi, mettendosi al volante ubriaco fradicio, se n’è fregato che poteva uccidere, distruggere, cancellare per sempre la vita di tanti. Sì, perché quella sera non è morto solo mio padre, ma è morta anche una parte del mio cuore.
Quelle maledette 2:53 di una calda nottata di giugno hanno strappato via un pezzo della mia vita che purtroppo per colpa di questa persona non potrò più avere. Da quel giorno penso sempre a come sarebbe stato il nostro futuro insieme. Papi mi manca da morire non sarà con me nelle tappe più importanti della mia vita. Non potrà sgridarmi mentre sbaglio e incoraggiarmi dopo una sconfitta, gioire per i miei successi. Non potrà prendermi per mano e accompagnarmi, se un domani mi sposerò e avrò dei figli non potranno mai conoscere il loro nonno. Non potrà più essere tutto ciò che era per me. Per questo spero che la tragica fine di mio padre non passi impunita.

Voglio giustizia, grido giustizia.
Non devono esserci queste morti, queste disgrazie. Non auguro a nessuno di essere svegliato alle 4 del mattino dai Carabinieri che vengono a dirti che tuo padre, mentre era in servizio, è stato ucciso, vedere la foto di tuo padre senza vita sull’asfalto.
Lo strazio di mia zia appena saputa la notizia e mia nonna che ogni volta che la vedo è sempre più devastata dal dolore. Mi chiedo perché noi con la morte nel cuore dobbiamo accettare che questa persona non abbia alla fine ciò che merita.
Non riesco ad accettarlo.”