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Il caso Tortora, il più grande esempio di macelleria giudiziaria

Caso Tortora

Il caso Tortora, il più grande esempio di macelleria giudiziaria

Erano le 4 del mattino del 17 giugno 1983, quando il noto conduttore televisivo Enzo Tortora veniva arrestato con le accuse di associazione camorristica e traffico di droga.

Aveva 55 anni e una lunga carriera come conduttore televisivoautore televisivoconduttore radiofonicoattoregiornalista.

Tortora passò i sette mesi successivi in reclusione prima di essere rimesso in libertà.
Una libertà che durò poco però, perché il 17 settembre 1985 venne condannato a 10 anni di carcere.
Una condanna crudele e senza prove: non un controllo bancario, non un pedinamento o un’intercettazione.
I magistrati si basarono soltanto sulle testimonianze di soggetti provenienti da contesti criminali, “pentiti” che avevano come solo obiettivo di incastrarlo.

Il “caso Tortora” è ricordato oggi come uno dei più clamorosi casi italiani di malagiustizia. Il giornalista Giorgio Bocca lo definì: «il più grande esempio di macelleria giudiziaria all’ingrosso del nostro Paese».
L’innocenza di Tortora fu dimostrata e riconosciuta soltanto due anni dopo, il 15 settembre 1986, quando venne definitivamente assolto.
Purtroppo Tortora morì poco più tardi, nel 1988.

Una vicenda di malagiustizia per cui nessuno ha mai pagato davvero. I giudici coinvolti hanno dato seguito alla propria carriera e i soggetti criminali che avevano accusato Tortora hanno potuto godere di protezioni speciali.

Tra tutti i coinvolti, solamente Giovanni Melluso (uno dei “falsi pentiti”) chiese perdono ai familiari di Tortora. Lo fece dicendo: «Lui non c’entrava nulla, di nulla, di nulla. L’ho distrutto a malincuore, dicendo che gli passavo pacchetti di droga, ma era l’unica via per salvarmi la pelle».

Un caso che ha indignato e ferito non solo la famiglia Tortora ma tutti gli italiani, perché li ha messi davanti a una cruda realtà: troppo spesso nel nostro Paese la legge non è giusta.

Quella di Tortora è una storia triste ma che non dobbiamo mai dimenticare, soprattutto quando soffia forte il vento del giustizialismo.