Indennità di accompagnamento: la nuova sentenza della Cassazione riconosce il beneficio anche a chi ha solo bisogno di supervisione
La sentenza n. 28212 del 24 ottobre 2025 della Corte di cassazione rappresenta una svolta decisiva per migliaia di famiglie italiane. Per anni, l’interpretazione burocratica della normativa ha negato l’indennità di accompagnamento a chi, pur potendo muovere qualche passo, aveva un elevato rischio di caduta e necessitava di supervisione costante.
La logica dei tribunali era fredda: se i piedi si muovono, l’accompagnatore non serve. Questa impostazione ha escluso ingiustamente moltissime persone fragili, soprattutto anziani e disabili nella quotidiana battaglia contro la perdita di autonomia. Oggi, la Cassazione mette fine a questo muro di gomma.
Secondo i giudici supremi, aver bisogno di essere osservati continuamente durante la deambulazione equivale a non poter camminare da soli. La paura di cadere, se certificata clinicamente, costituisce un limite alla sicurezza e quindi all’autonomia. Il diritto all’indennità di accompagnamento non dipende esclusivamente dall’impossibilità materiale di muovere le gambe, ma dal fatto che la persona sia realmente in grado di spostarsi senza rischi per la propria incolumità.
La decisione della Cassazione nasce da un caso in cui il Tribunale di Macerata aveva negato l’indennità di accompagnamento agli eredi di un richiedente affetto da una condizione invalidante grave, ma capace di deambulare solo con appoggio e supervisione continua. Il certificato medico parlava chiaro: “elevato rischio di cadute”, “andatura a piccoli passi”, necessità di “supervisione/aiuto in tutte le attività con spostamenti”.
La Corte ha censurato l’errore interpretativo, ribadendo che la supervisione continua implica mancanza di autonomia. Punti chiave della sentenza:
• Supervisione costante significa mancanza di autonomia nella deambulazione
• Il rischio elevato di caduta è una condizione che dà diritto all’indennità di accompagnamento
• I requisiti della legge 18/1980 sono alternativi: conta anche la sola deambulazione non sicura
• Le scale di valutazione dell’autonomia residua non possono essere usate per negare il diritto.
Da questo momento in avanti, l’INPS e i giudici dovranno adottare una nuova prospettiva: proteggere la persona vulnerabile prima che si faccia male. Nel valutare il diritto all’indennità di accompagnamento, il rischio di caduta diventa un elemento fondamentale. Non è più necessario dimostrare l’incapacità totale a camminare, perché la sicurezza è parte integrante dell’autonomia. La sentenza 28212/2025 non è un tecnicismo giuridico. È un riconoscimento di dignità. Chi convive ogni giorno con il timore di cadere non deve più dimostrare di essere “abbastanza malato”. Il diritto è finalmente dalla sua parte
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