Essere se stessi, amare chi si vuole, vivere senza paura: un discorso che mette al centro la libertà come fondamento del pensiero liberale e della politica

Gentilissim*,
Mi spiace molto non poter partecipare, anche solo virtualmente, a questo momento di confronto su un argomento che, come è noto, mi sta molto a cuore da sempre. Amo ripetere che, per una liberale come me, i diritti civili e la libertà di essere e vivere come si ritiene opportuno rappresentano il vero ossigeno dello spirito liberale e la sua concretizzazione in politica.
Il mio punto di vista è quello di chi si fa delle domande – domande che ciascun politico, autenticamente liberale, dovrebbe farsi: di cosa hanno bisogno le persone? Che cosa vogliono? E cosa uno Stato di diritto deve garantire? Possiamo davvero dire che nel nostro Paese ciascuno riesca ad essere se stesso e a realizzare ciò che desidera? O, per convenienza o per paura, restiamo ingabbiati in schemi che ci stanno stretti ma che non vogliamo cambiare?
Stiamo facendo abbastanza perché ognuno possa sentirsi libero e rispettato? È da questa domanda che è nata la mia scelta di mettere temporaneamente da parte la mia professione di avvocato e di docente, per dedicarmi alla politica. Perché le risposte che allora mi davo non mi piacevano: vedevo chiusura, paura, negazione dei diritti. E la paura – come dice la stessa parola “omofobia” – è spesso alla radice dell’intolleranza.
La paura è un sentimento irrazionale, che non si può cancellare per legge. Ma se per paura arriviamo a negare dei diritti, questo la cultura liberale non può accettarlo. È semplicemente intollerabile.
Esemplificando nella realtà di oggi, mi sono molto indignata per la superficialità con cui è stato gestito il tema dei “congiunti”. Il fatto che l’allentamento delle restrizioni sociali sia stato circoscritto alla definizione di “congiunti”, intesi solo come parenti di sangue o acquisiti, ha rappresentato un intervento inedito e inaccettabile dello Stato nella gerarchia degli affetti. Esistono relazioni che vanno oltre i legami giuridici, come le coppie non conviventi, le famiglie arcobaleno o i rapporti di affetto tra persone sole, completamente ignorati dal decreto.
Mi ha colpito in particolare il messaggio di un ragazzo su Instagram: aveva paura di dover giustificare, a un agente di polizia, la natura del suo spostamento per incontrare il proprio compagno. E se un ragazzo ha timore di parlare con un poliziotto del suo amore per un altro ragazzo, come può sentirsi libero di vivere alla luce del sole la propria omosessualità?
Non serve ricordare i tanti episodi di discriminazione e violenza. Basti dire che l’ordinamento italiano è ancora silente sul contrasto all’omotransfobia, sia essa fisica o verbale. L’Italia, in materia di prevenzione dei reati d’odio, resta uno degli ultimi Paesi in Europa. Da un quarto di secolo si parla di una legge contro l’omofobia: basterebbe inserire l’orientamento sessuale e l’identità di genere nel quadro normativo sui reati d’odio, estendendo la protezione già prevista per altri casi.
Penso che una legge simile non risolverebbe tutto, ma sarebbe un segnale importante. Un messaggio chiaro e diretto: “Siete importanti per la nostra comunità, e lo Stato ha il dovere di proteggervi”. Mi auguro solo che ci sia davvero la volontà di confrontarsi, anche con l’opposizione, in un dialogo costruttivo e non ideologico.
Io non vi rubo altro tempo. Vi ringrazio per aver pensato a me e mi scuso ancora per non essere qui con voi. Per me la libertà di essere e amare come si crede non è una battaglia secondaria, ma uno dei pilastri della mia azione politica, umana e personale. E chi mi conosce lo sa.
Un grande, virtuale abbraccio.
Anna Maria





